11/04/2012

Elettronica per principianti

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I componenti elettronici

I componenti elettronici si dividono principalmente in due grandi fasce: quelli cosiddetti “attivi” e quelli “passivi”. Dell’insieme dei componenti attivi fanno parte i diodi, i transistor, i circuiti integrati mentre, tra quelli passivi troviamo, tra gli altri, resistenze, condensatori ed induttanze.

Le resistenze

O, piu’ propriamente, i “resistori” sono i piu’ semplici componenti passivi. Ce ne sono di svariate dimensioni, potenze e misure. Hanno due terminali da cui entra ed esce la corrente che li percorre ed il loro comportamento e’ indipendente dal verso in cui la corrente li percorre (possono essere inserite in un circuito senza badare al loro verso). Sfruttano una proprieta’ fisica di tutti i materiali conduttori: quella caratteristica che tende a “frenare” il passaggio degli elettroni all’interno del mezzo conduttivo. Ritornando all’analogia del sasso lasciato cadere dal terzo piano, cosi’ come l’aria, per attrito, impone una forza che tende a frenare la caduta, riscaldando il sasso stesso, cosi’ la marcia degli elettroni viene frenata dalle forze interne agli atomi e dagli “scontri” con gli atomi stessi. In sostanza il mezzo oppone una certa “resistenza” alla propagazione degli elettroni. L’energia persa per effetto di questa frenata diventa calore. Le resistenze, quindi, vengono riscaldate dal passaggio della corrente; a volte impercettibilmente, a volte in maniera macroscopica (si pensi ad esempio alla resistenza del saldatore, o del forno elettrico etc.). Quanto queste vengano riscaldate dipende dalle caratteristiche fisiche e dimensionali della resistenza stessa, nonche’ dalla quantita’ di corrente che le attraversa.

Le resistenze si misurano in Ohm attraverso uno strumento chiamato Ohmetro. Il passaggio di corrente all’interno di una resistenza provoca ai suoi capi una differenza di potenziale e, viceversa, l’applicazione di una differenza di potenziale ai capi di un resistore forza in esso un passaggio di corrente. Tutto questo avviene in maniera proporzionale, secondo la nota legge di Ohm.

V = RI

Dove V e’ la tensione applicata ai capi della resistenza (in Volt), R e’ la resistenza (in Ohm) ed I e’ la corrente (in Ampere).

Le resistenze sono componenti presenti in un qualsiasi circuito elettronico. Esse vengono utilizzate per moltissimi scopi, primo tra tutti quello di limitare la corrente che scorre in un determinato ramo del circuito, alla presenza di una differenza di potenziale.

Vediamo un primo esempio pratico di uso comune: l’accensione di un diodo LED (vedremo piu’ avanti di che cosa si tratta anche se sicuramente molti gia’ sanno di cosa si sta parlando) tramite un alimentatore da 5Volt o tramite un’uscita digitale di un microcontrollore.

Anticipiamo che il LED e’ un componente che, quando percorsi da una corrente, presentano una tensione quasi invariabile rispetto alla quantita’ di corrente che scorre in essi (come tutti i diodi). Nel nostro caso ipotizziamo che la differenza di potenziale presente ai capi del LED acceso sia pari a 1,5V e che per illuminare il LED sia necessaria una corrente di 20mA (milliAmpere). Abbiamo inoltre a disposizione un alimentatore in grado di generare la corrente richiesta e che presenta ai suoi capi una tensione di 5V. Capiamo subito che e’ sicuramente errato collegare il LED direttamente all’alimentatore: tornando all’analogia del sasso, sarebbe come affermare che un sasso posto a meta’ tra il primo ed il secondo piano ha la stessa energia potenziale quando portato al quinto piano di un edificio! Poiche’ le due differenze di potenziale sono incomparabili, forzare il LED ad assumere la differenza di potenziale dell’alimentatore (collegandoli insieme direttamente) porterebbe alla distruzione del LED (e con scarsa probabilita’ anche dell’alimentatore).

La soluzione al problema e’ proprio l’inserimento di una resistenza. Essa, infatti, quando percorsa dalla corrente necessaria ad illuminare il LED, presenta ai suoi capi una tensione proporzionale al valore della resistenza stessa. La scelta del valore della resistenza deve tenere conto della differenza di potenziale richiesta per colmare il divario tra quanto presente ai capi del LED e quanto presente ai capi dell’alimentatore. Nel nostro esempio occorrera’ far si che la resistenza percorsa dai 20mA necessari al LED presenti ai suoi capi una tensione di 5V-1,5V=3,5V.

Sostituendo tali valori all’interno della legge di Ohm avremo:

V = RI -> R = V/I -> R = 3,5V/20mA = 3,5V/0,02A = 175 Ohm

Per accendere correttamente un LED dovremo inserire, tra LED ed alimentatore, una resistenza di 175Ohm.

Purtroppo non tutti i valori vengono prodotti e sono disponibili in commercio, ed e’ impossibile acquistare una resistenza da 175Ohm. Sara’ necessario scegliere una resistenza il cui valore piu’ si avvicina a quello richiesto. Un buon candidato, disponibile, e’ un resistore da 220Ohm.

L’aver scelto un valore che non e’ identico a quello a noi necessario fara’ si che il circuito si comportera’ in maniera leggermente differente da quello che ci aspettavamo. Cosa succede al nostro circuito?

Per capirlo dobbiamo ancora una volta applicare la legge di Ohm. Ora le informazioni a nostra disposizione (e fisse) sono: il valore della resistenza, la tensione dell’alimentatore e quella del LED. L’incognita e’ diventata la corrente che scorre nel circuito. Ci aspettiamo, come prima, che la tensione misurabile ai capi della resistenza sia di 3,5V. Avremo:

V=RI -> I=V/R -> I= 3,5V/220Ohm = 0,0159A

Aver scelto una resistenza di 220Ohm al posto dei 175Ohm richiesti fara’ si che la corrente che scorre nel LED sara’ pari a circa 16mA. Poco male… il LED si illuminera’ leggermente meno del massimo auspicato ed il circuito “consumera’” meno corrente. Meno ottimale sarebbe stato un incremento della corrente che avrebbe portato il LED ad operare in una condizione piu’ critica (e potenzialmente dannosa per la sua incolumita’).

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